11 Feb 2018

Roberta Bruno. Essere-apparire

Essere-apparire è la coppia di significati sulla quale lavora Roberta Bruno creando una sorta di abbecedario che ha un unico tema da insegnare: la donna – in molte possibili declinazioni.

Il pensiero corre subito al complesso trasformismo di Cindy Sherrnan, o a serie fotografiche che, negli anni Settanta, in tempi di femminismo e di interrogazione sull’identità femminile, utilizzavano la messa in scena, il trucco, il cambio di abiti e di acconciature per entrare dentro il problema sempre aperto dei molteplici ruoli sociali e culturali della donna e delle sue diverse immagini nella società contemporanea – pensiamo, per esempio, alle italiane Paola Mattioli, Serena Arcieri, Giovanna Calvenzi e Kitti Bolognesi, Marcella Campagnano. In tutti questi casi, le fotografe riflettendo sull’identità della donna indagavano se stesse, il proprio corpo, il proprio ruolo, il proprio io che prendeva fonna in diverse sembianze.

Roberta Bruno, invece, non indaga se stessa ma altre donne. In questo caso, a un primo sguardo, la fotografia non sembrerebbe essere usata come “specchio”, ma come strumento di analisi di realtà esterne all’autrice. Il suo modo di procedere non è affatto casuale: pianifica infatti il lavoro basandolo sulla costruzione di una sorta di piccolo catalogo che prende in considerazione le età della donna dai 20 agli 80 anni. Roberta immagina poi per ciascun tipo di donna e di età figure diverse e allestisce scene e personaggi con grande cura nella scelta del contesto, con dovizia di dettagli e una generosa ricerca di abiti, pettinature, oggetti. Le donne, giovani mature e anziane, si stagliano in pose esatte e marcate su un fondo totalmente o parzialmente bianco, come figurine: non potremmo immaginarle separate, anzi desideriamo che siano riunite insieme come in una collezione. Si tratta, a ben vedere, di tante donne che sono però un’unica donna, ballerina o casalinga, sposa o prostituta, geisha o cantante rock, a prescindere dagli abiti, dai capelli, dal trucco, dalla collocazione sociale o culturale, e perfino dall’età, aspetto inizialmente voluto e studiato, elemento che costituisce l’ordito del tessuto stesso di questo lavoro. Roberta Bnmo viaggia attraverso donne diverse, costruisce l’apparire e cerca l’essere, gioca con il trucco e l’allestimento, strizza l’occhio alla moda e alla pubblicità, si chiede perché mai la donna debba apparire (ma, ricordiamo, oggi anche l’uomo risponde allo stesso imperativo di diventare immagine). Per sottolineare l’idea dell’apparire fa in modo che il fondale sia ben visibile, cosÌ da mostrare con evidenza che si tratta di una costruzione, di una finzione creata per la fotografia, e così da sottolineare che l’intenzione è quella di lavorare sulla superficie dell’immagine, senza entrare nella sua profondità, sull’apparire e non sull’essere. Un gioco consapevole fatto sul serio, un forzare la superficie nel tentativo di attraversarla, un sorriso ironico, un senso di stupore, un pensiero ora divertito ora, forse, triste, un interrogarsi, forse, ancora una volta, un modo per ricercare se stessa attraverso le altre.

Roberta Valtorta